Il Rischio Climatico: definizione, storia, scenari e integrazione aziendale

Il rischio climatico è stato definito il “moltiplicatore di rischio” del nostro tempo. Non si limita a generare nuove vulnerabilità, ma amplifica rischi già esistenti: mette sotto pressione asset fisici, supply chain, bilanci e modelli di business, mentre allo stesso tempo accelera la transizione verso un’economia low-carbon.

Per le imprese e gli investitori, comprenderlo non è più una questione teorica: significa decidere oggi come proteggere il valore futuro.

Che cos’è il rischio climatico?

Il rischio climatico include due dimensioni complementari.

  • Rischi fisici: sono gli impatti diretti degli eventi climatici e delle tendenze di lungo periodo. Comprendono inondazioni, incendi, tempeste, ondate di calore estreme, ma anche processi graduali come l’innalzamento del livello del mare, la desertificazione e la siccità ricorrente.
    Acuto (event-driven) → eventi improvvisi e violenti.
    Cronico (trend-driven) → cambiamenti progressivi e strutturali.
  • Rischi di transizione: derivano dal processo di decarbonizzazione e comprendono:
    • Policy e regolazione (carbon pricing, standard di efficienza, nuovi obblighi di disclosure).
    • Innovazioni tecnologiche (energie rinnovabili, elettrificazione, idrogeno verde).
    • Dinamiche di mercato (cambiamenti nella domanda, volatilità delle materie prime).
    • Rischi reputazionali (perdita di fiducia da parte di clienti e investitori in caso di inattività).

Le Basi scientifiche del rischio climatico

Il rischio climatico viene definito sulle evidenze scientifiche dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che nel suo ultimo rapporto AR6 (2023) ha ribadito tre messaggi chiave:

  • il riscaldamento globale è inequivocabile e di origine antropica;
  • le soluzioni di mitigazione e adattamento sono già disponibili;
  • agire subito riduce costi, danni e perdite futuri.

Dal punto di vista storico, possiamo individuare quattro fasi:

  • Prima del 2015: il rischio climatico era discusso quasi esclusivamente in ambito scientifico e assicurativo.
  • 2015 (Accordo di Parigi): svolta globale, con l’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature ben al di sotto dei 2°C. Nascono i primi framework di disclosure (TCFD).
  • 2018–2020: le banche centrali e gli organismi di vigilanza (ECB, EIOPA, NGFS) iniziano a integrare il rischio climatico negli stress test finanziari.
  • Oggi: il rischio climatico è parte integrante della regolamentazione (CSRD/ESRS in Europa, IFRS S2 a livello globale) e della pianificazione strategica delle imprese.
Visual climatico aziendale: transizione low-carbon e gestione del rischio climatico
Gestione del rischio climatico e transizione low-carbon

Dati e scenari: il quadro attuale

  • Clima osservato: il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, il primo oltre +1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali. Gli oceani hanno raggiunto temperature record e i ghiacciai continuano a perdere massa a ritmi senza precedenti (fonte: Copernicus, WMO).
  • Rischio socio-economico: nel solo 2023 si sono registrati quasi 400 disastri naturali, con perdite economiche superiori a 200 miliardi di dollari (EM-DAT).
    1. Selezionare 2–3 scenari di riferimento (es. Orderly vs Hot House).
    2. Mappare le esposizioni: asset fisici, supply chain, mercati chiave, esposizione regolatoria.
    3. Quantificare gli impatti: tradurre gli scenari in valori economico-finanziari (opex, capex, margini, EBITDA).
    4. Convertire in indicatori decisionali:
      • Per il fisico → AAL, PML, giorni persi per stress da calore, downtime supply chain.
      • Per la transizione → costo del carbonio, capex di decarbonizzazione, rischio stranded asset.
    5. Definire target e piano: obiettivi di riduzione emissioni, resilienza degli asset, sequenziamento degli investimenti.

    Quadro normativo e regolatorio

    • IFRS S2 (ISSB): obbligo di disclosure su governance, strategia, gestione del rischio e metriche/target; scenario analysis per rischio fisico e di transizione.
    • CSRD / ESRS E1 (UE): introduce la doppia materialità (impatti ↔ finanza) che prevede l’obbligo piani di mitigazione e adattamento, collegati a SFDR e EU Taxonomy.
    • ECB / EIOPA: prevede l’integrazione del rischio climatico negli stress test (banche e assicurazioni) ed anche monitoraggio del “protection gap” assicurativo.

    Integrazione nei modelli aziendali

    • ERM (COSO + TCFD/IFRS S2): inserire rischi fisici e di transizione nel registro dei rischi con KRI (es. % asset in zone ad alto rischio alluvione; carbon cost @100 €/t).
    • Budget & Capex: creare un “Climate Capex Book” che classifichi gli investimenti per mitigazione e adattamento, valutando ROI, benefici assicurativi ed energetici.
    • Supply chain: condurre audit climatici sui fornitori critici, diversificare geograficamente e inserire “climate clauses” nei contratti.
    • Assicurazioni e finanza: utilizzare coperture parametriche e linee di credito “sustainability-linked”.
    • KPI e target: monitorare intensità emissiva, % di asset resilienti, % di ricavi taxonomy-aligned, riduzione AAL.

    Reportistica e compliance

    • IFRS S2: richiede disclosure integrata su scenari, rischi e metriche (Scope 1-2-3 + esposizioni fisiche).
    • ESRS E1: obbliga a fornire informazioni su adattamento, impatti finanziari attesi e resilienza del modello di business.
    • EU Taxonomy: stabilisce criteri tecnici e principio DNSH per allineare gli investimenti climatici agli obiettivi di sostenibilità.

    Il rischio climatico non è un esercizio di reporting, ma una vera e propria strategia aziendale. Chi integra scenari climatici, investe in resilienza e accelera la decarbonizzazione ottiene tre vantaggi concreti: riduce la volatilità dei risultati, abbassa il costo del capitale, rafforza la fiducia di investitori e stakeholder. In un’Europa che si scalda più rapidamente della media globale, l’integrazione del rischio climatico nei modelli aziendali non è più un’opzione, ma una condizione necessaria per la competitività.

    Glossario del rischio climatico

    • Rischio climatico: insieme dei rischi connessi al cambiamento climatico, suddivisi in fisici e di transizione.
    • Rischi fisici: impatti diretti del cambiamento climatico sugli asset, le persone e le supply chain.
    • Rischi di transizione: rischi derivanti da politiche, tecnologie, mercati e reputazione legati alla decarbonizzazione.
    • Rischio acuto (event-driven): eventi improvvisi e intensi come alluvioni, incendi o tempeste.
    • Rischio cronico (trend-driven): cambiamenti graduali come innalzamento del mare o desertificazione.
    • Scenario analysis: valutazione della resilienza aziendale sotto diversi scenari climatici futuri.
    • NGFS Scenarios: scenari climatici macro-finanziari sviluppati dal Network for Greening the Financial System.
    • Stranded asset: asset che perdono valore a causa di transizione energetica o normative ambientali.
    • CSRD / ESRS: standard europei di rendicontazione della sostenibilità che includono il rischio climatico.
    • IFRS S2 (ISSB): standard internazionale che disciplina la disclosure dei rischi climatici.

    Fonti di riferimento

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