Carbon Footprint: misurare l’impronta climatica
🎯 Gancio iniziale
Ogni nostra azione quotidiana – accendere la luce, acquistare un paio di scarpe, volare per lavoro – lascia una traccia invisibile ma quantificabile: la Carbon Footprint. Per le aziende non è più un concetto astratto, ma una metrica strategica: banche e investitori chiedono dati, i consumatori premiano la trasparenza e la normativa europea rende obbligatoria la rendicontazione. La Carbon Footprint diventa un linguaggio comune che trasforma la sostenibilità da promessa narrativa a performance misurabile.
📖 Definizione e fondamenti scientifici
La Carbon Footprint
misura la quantità complessiva di gas a effetto serra (GHG) emessi, direttamente o indirettamente, da un’attività, prodotto, servizio o organizzazione. Si esprime in CO₂ equivalente (CO₂e), cioè un’unità che converte diversi gas serra in un parametro unico basato sul loro Global Warming Potential (GWP) su un orizzonte temporale di riferimento (generalmente 100 anni).- CO₂ (combustione di fonti fossili) → GWP = 1
- CH₄ (metano) → GWP = 28–34
- N₂O (protossido di azoto, fertilizzanti) → GWP = 265–298
- Gas fluorurati (HFC, PFC, SF₆) → GWP da centinaia a migliaia
👉 Implicazione: 1 tonnellata di metano equivale a circa 28 tonnellate di CO₂ in termini di impatto climatico.
💡 Esempio chiarificatore
Un allevamento bovino può avere emissioni di CO₂ inferiori a un impianto industriale ma generare rilevanti quantità di CH₄. Misurare solo la CO₂ maschererebbe l’impatto reale: la conversione in CO₂e può mostrare che l’allevamento ha un’impronta climatica comparabile o superiore.
Carbon footprint: Metodologia di calcolo (Scope 1, 2 e 3)
La quantificazione segue il GHG Protocol, il framework più adottato globalmente. Le emissioni sono suddivise in tre categorie:
Scope 1 – emissioni dirette
Rilasci da fonti controllate: combustibili nei processi, caldaie, veicoli di proprietà, processi chimici.
👉 Caso pratico: una raffineria registra nello Scope 1 sia la combustione del gas nei forni sia le perdite di metano dai serbatoi.
Scope 2 – energia acquistata
Emissioni legate alla produzione di elettricità, calore o vapore acquistati.
👉 Caso pratico: un data center in Germania (mix a carbone) ha Scope 2 elevato; in Svezia (mix rinnovabile) è molto più basso.
Scope 3 – catena del valore
Fornitori, clienti, uso e fine vita dei prodotti; spesso rappresentano 70–90% delle emissioni totali.
👉 Caso pratico: per uno smartphone, Scope 3 include estrazione minerali, componentistica terzisti, logistica e consumo energetico in 3–5 anni.
📊 Osservazione critica: la misurazione completa degli Scope 3 richiede dati da fornitori e clienti. Le aziende più avanzate usano LCA (Life Cycle Assessment) e database settoriali (es. Ecoinvent) per stimare gli impatti quando mancano dati primari.
Carbon footprint: Normativa e compliance
- Direttiva CSRD (2022/2464/UE): obbliga oltre 50.000 imprese a report ESG con emissioni Scope 1, 2 e 3.
- ESRS (in particolare ESRS E1 – Climate Change): disclosure su obiettivi di decarbonizzazione, piani di transizione e metriche di riduzione.
- Regolamento SFDR (2019/2088/UE): impone agli asset manager di dichiarare impatti ambientali dei portafogli.
- EU Taxonomy (Reg. 2020/852): criteri per qualificare attività sostenibili, basati anche sulla riduzione GHG.
- ISO 14064 & ISO 14067: standard per calcolare e certificare l’impronta di carbonio di organizzazioni e prodotti.
💡 Spiegazione funzionale: una impresa tessile che esporta verso l’UE dovrà comunicare dati ESG conformi a CSRD/ESRS. Se non misura la propria Carbon Footprint, rischia l’esclusione dalle catene di fornitura europee che devono rendicontare lo Scope 3.
Carbon footprint: Applicazioni aziendali e casi integrati
Alimentare – Barilla
Etichetta Environmental Product Declaration con ISO 14067 per alcuni prodotti; riduzione emissioni agricole via agricoltura rigenerativa.
👉 Meccanismo: migliorare lo Scope 3 (materie prime agricole) riduce drasticamente la Carbon Footprint complessiva.
Energia – Enel
Impronta di carbonio pubblicata annualmente nei report; target validati da SBTi.
👉 Meccanismo: obiettivi Net Zero guidano investimenti in rinnovabili e dismissione del carbone.
Retail – IKEA
Considera la fase d’uso (Scope 3) parte essenziale dell’impronta; le lampade LED riducono la Carbon Footprint fino al 50% rispetto alle tradizionali.
👉 Meccanismo: includere il ciclo di vita stimola eco-design e riduzione dei consumi dei clienti.
La Carbon Footprint non è più un indicatore facoltativo: è una condizione di legittimità sul mercato e di accesso al capitale. Chi misura, gestisce e comunica correttamente la propria impronta climatica si posiziona meglio verso investitori, regolatori e clienti. Chi la ignora rischia di rimanere escluso da catene globali del valore sempre più integrate e trasparenti.
In altre parole: misurare la Carbon Footprint non significa solo contare emissioni, ma governare il proprio futuro.
carbon footprint: Fonti e riferimenti
- GHG Protocol – Corporate Standard
- ISO 14064 & ISO 14067
- Direttiva (UE) 2022/2464 – CSRD
- ESRS – European Sustainability Reporting Standards (EFRAG)
- Regolamento (UE) 2019/2088 – SFDR
- Regolamento (UE) 2020/852 – EU Taxonomy
- Science Based Targets initiative (SBTi)
- Database Ecoinvent – LCA
- Barilla Sustainability Report
- Enel Sustainability
- IKEA Sustainability